In ricordo di Giuseppe Cacciatore e Giuseppe Cantillo

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A distanza di poco tempo sono venute a mancare due figure di spicco nel panorama culturale campano, italiano e internazionale. Mi riferisco ai professori Giuseppe Cacciatore e Giuseppe Cantillo, conosciuti da amici e colleghi come Peppino e Pino. Il primo scomparso il 2 marzo e il secondo il 23 aprile di quest’anno.

Originari di Salerno, amici e colleghi di lunga data, hanno condiviso un percorso comune e, per certi aspetti, molto simile. Entrambi professori ordinari, direttori del dipartimento di filosofia “A. Aliotta” – Cantillo dal 1989 al 1995 e Cacciatore dal 2001 al 2007 –, e professori emeriti, hanno segnato, con il loro magistero presso l’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, intere generazioni di studenti e studentesse, di ricercatori e ricercatrici. Chi ha avuto a che fare e proseguirà con lo studio della Storia della filosofia e della Filosofia morale non potrà prescindere dai loro libri e dalle loro coerenti interpretazioni. Entrambi segnati da una visione umanistica di grande respiro mai slegata da un profondo impegno civile e da una militanza politica all’interno di alcuni partiti della sinistra – Cantillo come Assessore alla cultura al Comune di Salerno e Cacciatore come Consigliere comunale – hanno iniziato la loro carriera accademica all’Università di Salerno, insegnando rispettivamente Storia della filosofia contemporanea e Storia della filosofia.

Laureatosi in Filosofia presso l’Università degli studi di Roma “La Sapienza” nel 1968, Giuseppe Cacciatore è stato assistente ordinario presso la cattedra di Fulvio Tessitore, prima all’Università di Salerno e successivamente alla “Federico II” di Napoli. Direttore dal 1995 al 2002 del “Centro di Studi Vichiani” del CNR di Napoli e delegato del Rettore dell’Università di Napoli per i rapporti internazionali dal 1993 al 1996, tra i tanti importanti incarichi ricoperti, si ricordi la presidenza della Società Italiana degli storici della filosofia dal 2010 al 2013, della sezione di Salerno della Società filosofica italiana (SFI) e della Società salernitana di Storia Patria. Dal 2007, è stato socio, prima corrispondente e poi ordinario, dell’Accademia dei Lincei, socio nazionale dell’Accademia di Scienze morali e politiche della Società di Lettere e Arti in Napoli e membro del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto di Studi Latino-Americani, del quale è stato vice-presidente.

Allievo di Aldo Masullo, Giuseppe Cantillo gli subentrò sulla cattedra di Filosofia teoretica alla “Federico II”, per poi passare su quella di Filosofia morale. Tra i vari ruoli di grande responsabilità e di prestigio ricoperti durante la sua docenza, vale la pena segnalare gli incarichi più significativi: Presidente del Polo delle scienze umane e sociali dal 2000 al 2006, Presidente della Fondazione “Filiberto Menna. Centro Studi d’Arte Contemporanea” di Salerno dal 1996 al 2006, Direttore del Centro di ateneo della scuola di alta formazione nelle scienze umane dal 2006 al 2010, Presidente della Consulta universitaria Nazionale per gli studi filosofici dal 2000 al 2003, fondatore e Presidente della Società italiana di filosofia morale dal 2010 al 2013 e della Società italiana Karl Jaspers. È stato, inoltre, membro di prestigiose accademie quali l’Accademia di Scienze Morali e Politiche della Società di Scienze, Lettere ed Arti in Napoli e l’Accademia Pontaniana.

Ma questa è solo una piccola parte dei tanti e importanti ruoli che hanno ricoperto. Entrambi si sono occupati con rigore e passione della filosofia classica tedesca e dello storicismo, di cui sono stati esponenti di spicco, contribuendo in maniera significativa alla configurazione della scuola napoletana.

Giuseppe Cantillo ha lavorato, in particolare, sul pensiero di Kant, di Hegel, di Troeltsch, di Jaspers, in un intreccio di interessi che va dall’esistenzialismo allo storicismo, sporgendosi anche su autori come Rosmini e De Martino, rivelandosi con ciò un fine e attento studioso anche della cultura italiana. In più, riprendendo l’idea di una fondazione dell’etica così come proposta dal suo maestro Aldo Masullo, ha approfondito le grandi questioni che vivono nella complessità del mondo contemporaneo.

Giuseppe Cacciatore si è dedicato in maniera “problematica” allo studio dello storicismo e, a sua volta, ha lavorato al pensiero di Kant, di Hegel, di Bloch, di Marx e, in area italiana di Giordano Bruno, di Giambattista Vico e di Antonio Gramsci. La sua curiosità e apertura alle novità geo-politiche, lo ha poi portato a interessarsi alla cultura mediterranea, alla filosofia ispano americana e a occuparsi delle questioni legate al tema dell’interculturalità, segnate dal suo profondo e attivo radicamento etico-politico.

Le numerosissime pubblicazioni – fatte di saggi, monografie, traduzioni, edizioni critiche e articoli scientifici e periodistici – le partecipazioni a congressi di carattere nazionale e internazionale, il coordinamento di importanti scuole dottorali, di alta formazione e di progetti di rilevanza nazionale, la direzione di collane e riviste scientifiche, nonché le docenze in Università straniere come Visiting professor, delineano lo spessore e la portata del loro impegno.

Insieme hanno pubblicato nel 2010 un libro, dal significativo titolo A quattro mani. Saggi di filosofia e storia della filosofia (a cura di Maurizio Martirano) e, sempre insieme, si sono occupati della diffusione degli studi vichiani in Germania. La loro vita è stata ‘vocata’ alla filosofia non solo in ambito accademico ma nello sforzo di tradurre gli elementi del pensiero in un agire pratico-politico all’interno delle istituzioni e delle comunità.

A vederli insieme colpiva la differenza dei caratteri e della corporatura. Giuseppe Cantillo si presentava come un uomo mite, minuto, con una voce sottile e con uno sguardo attento ai minimi particolari. Giuseppe Cacciatore, al contrario, appariva come un uomo prorompente, robusto, con una voce forte e uno sguardo segnato dall’ironia. Tutti e due, uomini d’altri tempi, erano contrassegnati da una gentilezza naturale e da una disponibilità all’interlocuzione sia verbale che scritta con chi bussava alla loro porta. Non dimenticavano mai di ringraziare o di rispondere a chi si rivolgeva loro per qualsiasi richiesta.

La perdita di entrambi lascia un vuoto incolmabile nella cultura accademica e filosofica in generale, e nella vita civile e politica di Salerno e di Napoli.

Restano le loro opere a testimonianza di un rigore intellettuale e umano che spetterà a noi tutti e alle future generazioni saper raccogliere e far rivivere.

Stefania Tarantino

Pubblicato il 26 Maggio 2023

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